Fuko, l’elefantessa giapponese che, dietro le sbarre della sua gabbia, sta impazzendo di solitudine. Una raccolta di firme per liberarla

Fuko ha 38 anni. Gli ultimi dieci li ha passati completamente da sola, in una gabbia dalle sbarre verdi. Almeno nei precedenti 25 anni aveva avuto la compagnia di Dumbo, e le cose andavano meglio. Il tempo passa più in fretta per un elefante che se fosse ancora lì, tra gli alberi della foresta o a rotolarsi nel fango del paese dove è nato, potrebbe contare sulla compagnia di decine di altri elefanti. Perché è così che vivono i pachidermi, asiatici o africani non importa. A loro piace stare in gruppo, giocare, schizzarsi l’acqua con le proboscidi uno con l’altro, girovagare in lunghe carovane. Sono animali sociali – spiegano gli scienziati – capaci di provare empatia e sofferenza. Di farsi compagnia e di manifestare affetto e compassione, quando il proprio simile è in difficoltà. Come i cani e i delfini, come molti altri animali. Proprio come gli uomini.

Ma Fuko, elefantessa asiatica prigioniera nello zoo giapponese di Nagano Chasuyama dal lontano 1983, da quando aveva solo quattro anni, non può rotolarsi nel fango, non può “chiacchierare” con i suoi simili, non può avere cuccioli da coccolare né pozzanghere dove fare placidamente il bagno. Per Fuko, che sta letteralmente impazzendo dentro la sua gabbia, c’è solo una via di salvezza. Portarla via di lì. Trovarle un posto in un santuario dove potrebbe finalmente trascorrere in pace gli anni che le restano. Nessuno le ridarà quelli che le hanno rubato, ma almeno non morirà sola in una gabbia come Hanako, morto dopo 69 anni di solitaria prigionia all’Inokashira Park Zoo e in nome del quale nacque Elephants in Japan, l’organizzazione voluta da Ulara Nakagawa. La stessa organizzazione che ora si sta battendo per la libertà di Fuko e che sostiene la raccolta di firme che, in pochi giorni, ha già superato le 160 mila adesioni.

“Se c’è qualcosa che ho imparato dall’esperienza di Hanako, è che una persona può fare la differenza – spiega Ulara – Non è un cliché. Mentre era troppo tardi per salvare Hanako, non è troppo tardi per gli innumerevoli altri elefanti che hanno bisogno del nostro aiuto”. E quando dice innumerevoli, Ulara sa di cosa parla. La sua Elephants in Japan, infatti, dal 2016, anno della morte di Hanako, lavora ad un report aggiornatissimo sulle condizioni degli elefanti che vivono nelle strutture espositive del Giappone. “Secondo stime non pubblicate, fino al 2010 ci sono stati circa 74 elefanti asiatici tenuti in 35 zoo e 37 elefanti africani in 16 zoo. Di questi zoo, circa 17 ospitano attualmente un solo elefante” che quindi vive una miserabile vita solitaria. “Questi zoo sono tipici di un modello vecchio stile – spiega ancora Ulara – risalente a un’epoca in cui le collezioni di animali esotici erano ancora viste come fonte di intrattenimento per il pubblico. Sono tutti associati a parchi di divertimenti in contesti urbani o semiurbani e le mostre di animali, tra cui il recinto degli elefanti, sono semplicemente vetrine in un museo vivente”. Secondo il rapporto ( http://elephantsinjapan.com/wp-content/uploads/2017/08/EIJ_Final_report_ENG_web.pdf ) cinque di questi zoo sono considerati in pessime condizioni: Kiryugaoka, Utsunomiya, Himeji, Ikeda e Yuki Park. Grazie al rapporto si conoscono molto bene i casi di 14 elefanti che sono stati osservati e fotografati per un lungo periodo di tempo. Per tutti sono emerse le criticità classiche della lunga prigionia: “erano tutti moderatamente obesi, con evidenti problemi di salute alle zampe, con unghie screpolate o tagliate male”. Ma soprattutto, per tutti loro gli stessi dentici comportamenti stereotipati che fanno pensare ad un profondo malessere psicofisico, che fanno pensare alla “pazzia” degli elefanti soli. “Ripetono ossessivamente gli stessi movimenti all’interno delle gabbie, in avanti e indietro, centinaia di volte al giorno”.

Un balletto feroce al quale li costringe la noia, la frustrazione, la solitudine. Ma anche la mancanza di spazio e di simili con cui condividerlo. Un balletto che ha preso ad ossessionare anche Fuko, da quando è rimasta sola. “Fa su e giù ininterrottamente durante il giorno, dondolandosi e toccando i quattro punti cardinali della gabbia con le zampe e poi con la proboscide”. Lo testimonia anche un video terribile in cui si vede l’elefante in preda al loop di questi movimenti stereotipati e ripetuti all’inverosimile
http://elephantsinjapan.com/portfolio_page/fuko/

Per Fuko, e per tutti i suoi sfortunati “colleghi”, resta la speranza che una petizione, una raccolta di firme on line possa aiutarli a salvarsi. In altri casi è accaduto, forse anche questa volta si potrà gridare al “miracolo”. Ad ogni caso questa è la petizione: https://www.thepetitionsite.com/it-it/121/758/390/lonely-fuko-has-been-trapped-alone-for-10-years.-please-help-her-have-a-better-life/ .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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