Kenya. L’uomo che porta l’acqua agli elefanti

Con un camion-cisterna. A spese sue. Migliaia di litri di acqua sversati nel deserto per creare una piccola oasi. Perché gli animali avevano sete e lui soffriva nel vederli soffrire

La prima volta lo ha fatto a spese sue. Ha affittato un camion-cisterna e ha trasportato per una settantina di chilometri diecimila litri di acqua. Quindi si è fermato in mezzo al deserto e ha cominciato a versarla, formando una pozza. Piano piano gli elefanti si sono avvicinati, prima più timorosi, poi più tranquilli. L’acqua, in un Kenya assolato ed arido, è una ghiottoneria irrinunciabile, soprattutto se la siccità spacca le pietre da due interminabili anni. Era il 2016, e per la prima volta qualcuno si caricava sulle spalle il peso dell’insostenibile dell’aridità africana e la combatteva portando la preziosa e desiderata acqua direttamente agli animali.

Patrick Kilonzo Mwalua ha continuato a far su e giù con il suo camion. Ha trovato un autista che gli ha dato una mano e ha continuato tre, quattro, anche cinque volte al giorno. Nel frattempo, gli elefanti imparavano a conoscerlo. Riconoscevano il rumore del camion in arrivo e cominciavano ad avvicinarsi, sempre più numerosi, sempre più tranquilli, perché l’arrivo del camion significava l’arrivo dell’acqua e la possibilità di bere, finalmente.

L’ultima volta lo ha fatto pochi giorni fa. L’aria era diventata di nuovo secca. Di umidità non c’era traccia. Gli animali cominciavano a soffrire. Patrick ha di nuovo caricato il camion blu, lo ha riempito d’acqua, migliaia e migliaia di litri, e si è diretto al solito posto. Per riempire di nuovo la grande pozza artificiale dove accorrono centinaia di elefanti, giraffe e bufali, realizzata dal piccolo uomo africano dalla volontà di ferro. Tutti insieme a capo chino a bere a più non posso l’acqua fresca che arriva dall’autoarticolato.

«Avevo visto un bufalo, elefanti e molti altri animali selvatici che letteralmente piangevano per la sete – racconta Patrick – volevo aiutarli e il modo più semplice era portar loro l’acqua. Ho continuato a farlo per molto tempo. Ogni volta che arrivavano periodi particolarmente secchi. Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti. Intanto però ho deciso di continuare a lavorare per il benessere della mia gente e per gli animali del Kenya». Per farlo ha fondato una onlus, Mwalua Wildlife Trust, che dopo aver ricevuto a luglio un premio dal presidente della repubblica del Kenya per l’attività svolta da Patrick in aiuto della fauna selvatica, ha allargato il suo raggio d’azione. «L’obiettivo è realizzare progetti sostenibili per la mia terra, come ad esempio la costruzione di dighe che portino acqua per le coltivazioni. Nel frattempo, ho trovato uno sponsor per la piantumazione di oltre 10 mila piantine di alberi per migliorare il nostro ambiente».

Ma anche quando non porta acqua agli elefanti, Patrick ha sempre un particolare interesse verso di loro. La loro salvaguardia rimane uno dei principali obiettivi del suo impegno. Per questo sta lavorando ad un progetto quasi rivoluzionario per quelle terre: per evitare che gli agricoltori entrino in conflitto con gli elefanti che invadono le coltivazioni e distruggono le piantagioni di piselli e mais faticosamente coltivate, Patrick ha pensato di convincerli a sostituirle con coltivazioni di girasole e peperoncino. «Sono nato in questo villaggio – spiega – e sarei contento se questo progetto funzionasse e cambiasse la vita della gente, riducendo allo stesso tempo il conflitto con gli elefanti. È un progetto ambizioso, ma potrebbe diventare un esempio per gli agricoltori del Kenya».

L’idea gli è venuta ascoltando le lamentele de suoi concittadini per le continue incursioni degli elefanti che razziavano le coltivazioni così faticosamente ottenute. «Giravo per le fattorie e gli agricoltori erano disperati per la devastazione causata dagli elefanti. Ma parlando con loro ho scoperto che gli elefanti non mangiano le piante di girasole e che queste ultime sopravvivono bene alla siccità. Da lì è nata l’idea di proporgli di trasformare le coltivazioni e puntare sul girasole. Con l’obiettivo finale di riuscire a fornirli anche del macchinario necessario per la spremitura e la produzione dell’olio. Un prodotto che potrà essere messo in vendita e produrre guadagno per tutto il villaggio»

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